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MARTINA CASSATELLA

PH Marta Marinotti / Federico Floriani


ARTIST STATEMENT

Le opere di Martina Cassatella sono quadri di ombra attraversati da luce: dallo scuro affiorano forti bagliori, come nel buio la fiamma di una candela, e nello scuro filamenti sottili come capelli masticano le tenebre, divenendo un sipario sull’oltre che acceca. Come corde dolcemente pizzicate, dalle mani i fili vengono annodati e tessuti con i granelli di luce, percorrendo un telaio fittizio, come Penelope e le donne della grecità mitica, o Moire che avvolgono e filano il destino degli uomini.

Nelle icone cristiane e ortodosse, come nei mudra buddisti, la posizione delle mani è maieutica: guida e suggerisce con un proprio linguaggio. Gli archetipi femminili di dee vergini e dee vulnerabili, o le madonne della cristianità offrono le mani per guida e per conforto in dolci abbracci. Così, i dipinti di Cassatella con le mani invitano ad oltrepassare, in un atto prisco e poetico, seppur denso di terrore. 

Il principio della visione, dell’abbaglio del miracolo, dell’apparizione che immobilizza e sconvolge, percorre l’intera opera pittorica, destando il ricordo del momento della nascita in cui l’interno è accogliente e completo, e invece, ciò che aspetta fuori è sconosciuto, forse spaventoso.

Le immagini sacre restituiscono un assaggio di eternità, riempiendo di quella strana meraviglia che si ha di fronte alle cose non umane, aliene e soprannaturali, eppure talmente umane da ripalesarsi sotto forma di imago, antiche e inconsce come i miti e leggende. Al contrario nel folklore si respirano gli odori dell’ al di sotto, del più interno possibile profondo e sudicio che striscia come yokai giapponesi, e del buio che si aggrappa all’uomo nei misteri quotidiani. I dipinti di Martina si trovano nel momento dell’urto tra le due cose, nella pena del limbo, sia dolce che aspro, e si figurano spioncino tra la caverna oscura e la realtà dell’ al di fuori abbagliante. Ma lo sguardo è soprattutto dall’interno, come energia che splende e che

teneramente racchiude.


BIO

Nata a San Giovanni Rotondo (Puglia) nel 1996, Martina Cassatella attualmente vive e

lavora a Milano. Nel 2021 consegue il diploma di laurea magistrale in Pittura presso

l’Accademia di Belle Arti di Brera.

 

Mostre

"Salon Palermo 2", Galleria Rizzuto, Palermo, mostra collettiva a cura di Antonio Grulli e Francesco De Grandi (2022), "Tre modi per dire la stessa cosa", Galleria ArtNoble, Milano, mostra collettiva a cura di Antonio Grulli (2022), "Notturno", Palazzo Hercolani, Bologna, Italia, mostra collettiva a cura di Domenico de Chirico (2022), "Or three ways of putting the same thing", ArtNoble Gallery, Londra, mostra collettiva a cura di Antonio Grulli (2023), "The Shape of Time", Lindon&Co. , Londra, mostra collettiva a cura di Alice Amati (2023).

 

Premi

Finalista al "Premio Francesco Fabbri per l'arte contemporanea" (2022)



"Catturare le lucciole (IX)", 90 x 120 cm, olio su tela, 2024. Courtesy dell'artista


L’opera appartiene ad un corpus di lavori recenti, nei quali la luce, componente essenziale della

ricerca dell’artista, viene oggettivata in piccole lucciole che illuminano flebilmente il vasto buio,

mentre mani cercano di catturarle, ma con gentilezza. La loro scomparsa era stata utilizzata da

Pasolini come immagine ed espediente perfetto per esprimere la sofferenza del grande

mutamento storico e antropologico che ha caratterizzato quel tempo. E allora la ricomparsa

delle stesse rappresenta l’invito alla speranza di meravigliarsi di nuovo grazie al gioco libero e

puro con le lucciole: così il buio non fa più paura. Il ricordo di questo, che però sempre rimane,

viene allietato dalla semplicità e unicità della contemplazione dei bagliori dei piccoli insetti stella.

Se il buio non ci fosse, non riusciremmo a vederli; per questo è importante affrontarlo. La

violenza della luce del giorno, invece, li fa scomparire. Le lucciole, con la loro delicatezza

nell’illuminare, sono il simbolo della poesia che vive nel semplice, che ci restituisce finalmente lo

stupore. Come nelle scene del grande capolavoro cinematografico “Una tomba per le lucciole”

di Isao Takahata, cofondatore dello studio Ghibli, che l’opera in questione timidamente omaggia.

Il titolo dell’opera si ispira, invece, alla vasta serie di stampe giapponesi legate al tema della

cattura di lucciole.


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